Il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini è stato massacrato.
Stava scrivendo Petrolio, un romanzo cominciato nel 1972. Il romanzo incompiuto è stato pubblicato da Einaudi nel 1992. Attraverso la sua storia un ingegnere dell’ENI Pasolini indica la corruzione e il degrado della società democristiana e fascista, dove il consumismo è la nuova ideologia omologante del potere, che ha fatto scomparire il mondo della sapienza contadina e popolare.
Una profezia letteraria. Oggi il potere vuole una società conservatrice e reazionaria secondo l’interesse economico delle classi dominanti, una società disuguale, spoliticizzata, infelice.
Pasolini ha scritto in una lettera a Moravia nel 1975 che il romanzo che sta scrivendo è una specie di summa di tutte le sue esperienze, di tutte le sue memorie. Dopo il suo assassinio diventa il testamento del suo sapere e della sua concezione di vita, lui “irregolare” in una società conformista:
Pasolini è quanto mai attuale.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.
Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...